DANILO SINI

(Sassari 1961)

Al limite del senso

Negli anni Ottanta il progressivo deterioramento degli orizzonti delle Neoavanguardie ha innescato un passaggio fondamentale per la cultura del Novecento. La consapevolezza che gli strumenti ideologici e linguistici di quello che era stato il grande progetto della modernità fossero in gran parte consumati, ha portato ad una svolta; e per quanto la postmodernità abbia poi assunto connotazioni non omogenee, e persino contraddittorie, i tentativi di definire categorie estetiche più adatte a render conto delle mutazioni in atto hanno caratterizzato la gran parte delle nuove esperienze artistiche, costituendo la base delle ricerche del nuovo Millennio.
In Sardegna Danilo Sini è stato una delle figure più significative di tale processo. Dai primi interventi sugli elettrodomestici alle esperienze con materiali d’uso comune, dalle riprese pittoriche alle rielaborazioni fotografiche, il suo lavoro ha attraversato alcuni dei nodi cruciali del dibattito estetico, giocando sulla alterazione del senso delle immagini, fino a configurare una sorta di metodologia dello scostamento semantico. In questo modo Sini non ha dato solo un significato nuovo a ricerche storicizzate, recuperandone il valore linguistico e il fascino oggettuale, ma è riuscito a trovare in un insolito connubio di continuità e discontinuità le pulsioni profonde che hanno animato il passaggio dal Moderno al Postmoderno.
Pensata come una esperienza in costante ridefinizione, la mostra più che la linearità del percorso cerca di restituire la complessità degli orizzonti culturali in cui la ricerca di Sini si è sviluppata, giocando tanto sulla reiterata alternanza di tecniche che sul continuo riproporsi degli elementi simbolici, per sottolineare le possibilità rigenerative dei linguaggi, ma anche per suggerire che “ogni cosa è illuminata dalla sua storia”, e che questa rimanda, inevitabilmente, ad una realtà più complessa dell’immagine.
Gianni Murtas