ARREDI SACRI IN ARGENTO (tardo XV- XX secolo)
Sebbene impoverito dal saccheggio subito dalla città durante l’invasione francese del 1637, il duomo di Oristano conserva un ricco corredo di suppellettili liturgiche in argento, testimonianza della generosità dei suoi arcivescovi e di semplici devoti. Tra gli oggetti più antichi il reliquiario della Vera Croce, ottenuto dall’assemblaggio di elementi del XVI e XVII secolo ed i bordoni del Capitolo Metropolitano, realizzati nel 1532 all’argentiere Francesco Llinares. Notevoli sia la mazza capitolare con raffigurato l’albero deradicato, simbolo dell’Arcidiocesi di Oristano (Arborea) che la croce astile con nodo architettonico, realizzati nel ‘500. Al ‘600 appartengono la navicella portaincenso e l’ostensorio in argento dorato e castoni, il turibolo e la pisside, dono del notaio Pietro Angelo Mura, committente anche del Retablo del Rimedio (Cattedrale di Santa Maria Assunta, 1626-29).
Completano l’esposizione le ampolline, con lo stemma di Mons. Acorrà y Figo (1685-1702) e il reliquiario del cranio di S. Archelao. Tra gli arredi in argento del ‘700 vanno menzionati il bel secchiello e aspersorio, alcuni calici, il servizio da scrivania di mons. Antonio Nin (1726-1740), il vassoio in argento sbalzato, la corona dell’Annunziata, due pissidi, la pace e i vasi per oli santi, opera dell’argentiere Salvador Mamely del 1754.
L’oreficeria dell’800 è rappresentata da un calice realizzato nel 1823 dall’argentiere ligure Luigi Montaldo, trapiantato in Sardegna, da un aspersorio di bottega genovese, che presenta il marchio del delfino in uso dal 1824, un campanello del 1844, martello e cazzuola per la Porta Santa e la bugia.
Alla prima metà del XX secolo appartengono le Cartegloria e il pastorale del 1924.
PARAMENTI SACRI (XV- XIX secolo)
Il duomo di Oristano conserva un pregevole corredo di paramenti sacri, databili tra il XV e il XIX secolo, parte superstite di un ricco patrimonio attestato dai documenti. I principali committenti furono gli arcivescovi più sensibili al rinnovamento liturgico e pastorale, introdotto dal Concilio di Trento, che si succedettero al governo della diocesi. La provenienza dei tessuti va ricercata al di fuori del territorio isolano, tra le migliori manifatture italiane e francesi. Le pezze di stoffa acquistate da mercanti venivano confezionate localmente o, nel ‘700, appositamente ordinate a Torino.
Per rarità spicca la rinascimentale pianeta detta di Leonardo de Alagòn, ultimo marchese di Oristano. Sul broccatello di fondo (XVI sec.) sono stati riportati antichi ricami che raffigurano i ss. Andrea, Pantaleo e Michele, la Madonna con Bambino, il Redentore e san Sebastiano. Di grande interesse sono una mitria vescovile in broccatello laminato, della fine del ‘500 e la rara pianeta in velluto giardino della fine del ‘600, tessuti dalla esuberante policromia vegetale e di grande costo per i quali Genova non aveva rivali in tutta Europa. Del patrimonio tessile del ‘700 fanno parte la pianeta in damasco broccato verde che presenta motivi di flora e fauna esotica. Si conservano anche i camici in pizzo di mons. Del Carretto (1746-72) e la pianeta di mons. Sisternes de Oblites (1798-1812).